Non chiamatele pluriclassi!

Ricostruzione di una lezione nella scuola di Sostila
Nei ricordi della scuola elementare del passato è facile ritornare all’immagine oleografica della pluriclasse: bambini di età diversa, spesso accolti in locali di fortuna, stretti attorno a una maestra “residente” all’interno dello stesso edificio, magari in un paesino sperduto tra gli Appennini.
La scuola del “leggere, scrivere e far di conto” è stata spesso interpretata da questi straordinari attori del “pane e grammatica”. Tempi ormai superati, si dirà, oggi le scuole sono grandi edifici sorti nelle estese periferie urbane, dove si interpreta una diversa fatica del crescere, fatta di squilibri sociali, fragilità, anonimato, vulnerabilità.
Eppure la scuola elementare è ancora la scuola per tutti, vicina alle comunità, capace di dialogare sui “saperi del mondo” e di costruire nuove grammatiche del vivere insieme, prima tra bambini e poi tra grandi.
 Ecco perché la pluriclasse è l’immagine anche della scuola di oggi, non solo in montagna o nei piccoli borghi, ma anche nelle città e nelle aree metropolitane.
Bambini diversi per cultura, ceto sociale, intelligenza, bisogni educativi, lingua, disabilità: le monoclassi di oggi sono le pluriclassi di ieri, perché la variabile dell’età è forse quella meno visibile.
Potrebbe essere saggio recuperare le antiche virtù della pluriclasse (la capacità di costruire atteggiamenti collaborativi, la conquista dell’autonomia, il valore delle eterocronie) e coniugarle con una moderna visione psicopedagogica, dove le parole chiave diventano: l’educazione tra pari, la personalizzazione dei percorsi, il plurilinguismo, la didattica per piccoli gruppi.
Anche oggi gli insegnanti si trovano di fronte a colorate e vivaci pluriclassi.
Manipolazione della creta
Non è possibile far fronte ai tanti bisogni diversi con un’unica risposta, fosse pure una compunta lezione frontale. Occorre trasformare la classe in un ambiente di apprendimento, a partire dall’organizzazione degli spazi, dallo stile comunicativo, dall’incoraggiamento all’autoapprendimento, dall’articolazione in sottogruppi, dall’uso via via più autonomo di materiali, strumenti, risorse. È proprio ciò che si voleva ottenere con l’autonomia organizzativa e didattica. Dunque, possiamo considerare la pluriclasse la metafora del buon apprendimento, senza nostalgie per un passato in bianco e nero, ma con lo sguardo verso un futuro “scolastico” dal volto umano.

Cerini G., “Non chiamatele pluriclassi”, La vita scolastica, 68, n.6 (2014) p. 5.