"Ciamà l'erba"

Giovedì 10 marzo ha segnato una rinascita per tutti noi, perché dopo due anni di pandemia che ci ha limitato varie esperienze tra cui quelle all'aperto, è stato possibile uscire e ritornare ad avere un contatto con la natura. Non poteva esserci occasione più azzeccata di questa, ormai antica, ma rinnovata ogni anno nelle sue forme più autentiche che prevedono il ripetersi di questo rito propiziatorio con l'uscita in costume, abbigliati come contadini di un tempo, utilizzando "strumenti" legati all'allevamento e alla pastorizia, in particolare i campanacci delle mucche di varie dimensioni, detti sampùgn,  suonati con energia e passione.

La tradizione vuole che più rumore si riesce a fare, più sarà facile risvegliare la natura dormiente, reduce dal sonno invernale, che deve mettersi in moto così da consentire la fienagione indispensabile per mantenere il bestiame.

        

Lo scampanellio quest'anno è stato assolutamente vigoroso anche per gridare al mondo la nostra gioia di uscire, di stare insieme, di vivere la natura che tanto ci è mancata come esperienza di gruppo.

Mentre si scendeva dalla scuola lungo le vie del paese per raggiungere i prati che costeggiano l'Adda, i paesani si sono fermati ad ammirare la scena di tanti piccoli "marziròi" (i bambini che chiamano l'erba), mossi dal vigore che andava ben oltre la tradizione.

L'esperienza si è ripetuta giovedì 17 marzo con i piccoli della scuola dell'infanzia che hanno effettuato la stessa esperienza, aggiungendo alle antiche rimembranze il pizzico di genuino desiderio di far rumore come se fosse un bel gioco.

Il nostro augurio è quello di aver spalancato le porte alla primavera che timidamente si affaccia, di contribuire al buon raccolto e di aver scacciato le paure e le minacce del tiranno nemico invisibile, perché non dimentichiamo che i suoni metallici dei campanacci hanno anche il significato di difendere l'erba e i prati da "spiriti maligni" e oggi tale sfumatura si rende davvero attuale.